La paura del ritorno alla normalità: siamo pronti per ripartire?

La paura del virus e delle conseguenze sulla salute, sulla nostra vita lavorativa ci ha messi al tappeto, ma adesso ha forse ha i giorni contati con gli accenni alle riaperture. Ma è proprio così? Siamo pronti per la normalità? O il restare così tanto “fermi” e “distanziati” ci condizionerà nel riaffacciarci e riappropriarci della nostra vita “normale”? Vediamo come affrontare questa paura, e la paura in generale.

Il predominio della paura

In una situazione come quella che stiamo vivendo la paura l’ha fatta da padrona. Innanzitutto, la paura per la salute nostra e dei nostri cari, di questo virus subdolo e ancora non del tutto attaccabile. Ed ha condizionato i nostri comportamenti, anche al di là delle limitazioni imposte.

Io mi sono ritrovata a rinunciare ad incontrare amici per paura di contagio e di essere poi a mia volta veicolo di contagio per le persone più vulnerabili, vicine a me. A te è capitato?

Alla paura del presente si affianca irruentemente la paura del futuro: il lavoro che non c’è o il timore che ne risentirà nei prossimi mesi e come fare quindi a rimanere al tappeto e rialzarsi forti e tenaci per i prossimi round.

Sembra ormai che un accenno alla normalità, o semi normalità, sia alle porte. I colori delle regioni si affievoliscono permettendo movimento di persone e attività di socializzazione. Abbiamo assestato un bel gancio alla pandemia con i sacrifici e i vaccini, ma i round da combattere sono ancora molti ed è presto per cantare vittoria.

Ma adesso che possiamo cominciare a muoverci, anche fra regioni, ad andare a pranzo e cena e fuori…siamo pronti? Io personalmente ho desirato a lungo questo momento, e proprio adesso che ne ho la possibilità ho avvertito una strana sensazione…di continuare a rinunciare ad incontrare amici, ad andare a pranzo fuori. Non per la paura del virus, questa volta. Ma per la paura della normalità. Per la paura di relazionarmi con persone nuove, o vecchie… Il distanziamento è diventato una sorta di comfort zone, con la sua routine (anche se estraniante se non ben gestita come approfondisco in Lockdown e routine: come sopravvivere e dare una svolta alla propria vita).

A te succede?

Ti senti spaesata/o come me?

“Una delle più grandi scoperte che un uomo può fare, una delle sue più grandi sorprese, è scoprire che può fare ciò che aveva paura di non poter fare.”

Henry Ford

Cosa è la paura?

Ma andiamo per ordine.

Paura s. f. (dal dizionario Treccani): Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso: più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso, che si manifesta anche con reazioni fisiche, quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa o comunque appaia imminente.

Questa è la definizione che trovo sul dizionario.

La paura fa parte delle emozioni di base, insieme alla gioia, alla rabbia, alla tristezza (hai visto Inside Out? Se non lo hai visto te lo consiglio caldamente…).
E’ una delle otto emozioni primarie, secondo la definizione di Robert Plutchik, divise in quattro coppie:

  • la rabbia e la paura
  • la tristezza e la gioia
  • la sorpresa e l’attesa
  • il disgusto e l’accettazione

Plutchik le descrive graficamente nel famoso fiore delle emozioni, che spiego in Pugilato e Intelligenza Emotiva ep.1- Non stare addosso all’avversario (lettura ovviamente che ti consiglio, essendone l’autrice, che ti interessi o no il pugilato ma proprio per capire più nel dettaglio le emozioni e perché la loro categorizzazione sia cosi importante).

La paura è anche fra le emozioni più ancestrali nonché fra quelle che si manifestano nella tenera età: è l’emozione del pericolo e per questo ha degli effetti immediati e ben evidenti.

Come si manifesta la paura?

Goleman 1 descrive lo stato di paura in questo modo:

Se abbiamo paura, il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, ad esempio quelli delle gambe, rendendo così più facile la fuga e al tempo stesso facendo impallidire il volto, momentaneamente meno irrorato (ecco da dove viene la sensazione che «si geli il sangue»). Allo stesso tempo, il corpo si immobilizza, come congelato, anche solo per un momento, forse per valutare se non convenga nascondersi. I circuiti dei centri cerebrali preposti alla regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l’organismo in uno stato generale di allertapreparandolo all’azione e fissando l’attenzione sulla minaccia che incombe per valutare quale sia la risposta migliore.

Come in ogni conflitto, ne deriva un’azione fisica che si può manifestare in tre modi diversi (noti come “tre effe”):

  • flee (fuggire)
  • fight (combattere)
  • freeze (immobilizzarsi)

Che la mia reazione sia palese o no a me o agli altri, la paura ha quindi dei meccanismi più o meno immediati che la caratterizzano. In questo caso le differenze di genere, di cultura o educazione influiscono poco, proprio perché la paura va a smuovere il nostro inconscio più basilare.

E se non affronto la paura?

A volte però la paura non si manifesta in modo chiaro, soprattutto per noi. Tergiversiamo nelle scelte, troviamo scuse (a volte molto credibili, non solo agli altri ma anche a noi stessi).

E’ la paura che mi fa fuggire, mi immobilizza o mi rende aggressiva ma non attribuisco la ragione dei miei comportamenti ad essa (e qui l’elenco delle scuse può avere fantasiose interpretazioni).

Ed è proprio questa paura “nascosta” quella più dannosa, proprio perché non ne avverto la gravità ne il bisogno di una qualche razione.

Se non intervengo nel gestire la paura, mi precludo situazioni nuove e migliori. Spesso la paura è la causa maggiore che mi blocca nel il cambiamento, sia accettare un cambiamento imposto dall’esterno (come quello che stiamo vivendo in questo periodo) che promuoverlo in prima persona (vedi Cambiamento ep. 1: cosa è e perché fa così paura e gli articoli seguenti su come affrontare, gestire e promuovere il cambiamento per me e gli altri).

Il cambiamento presuppone il lasciare il noto per l’ignoto, l’uscire dalla propria zona di comfort per addentrarmi in quelle che vengono definite aree di sfida e di apprendimento, dove cioè avviene la crescita personale. Il cambiamento implica che mi assuma le responsabilità delle conseguenze che ne scaturiranno dalle mie scelte e decisioni. E per questo fa senza dubbio paura. A volte preferisco invece rimandare, sbolognare le scelte, le decisioni ad altri in modo da non assumermi né le responsabilità (il locus of control di cui parlo in Locus of control e sfere di influenza: cosa posso controllare o influenzare?). 

“Ci sono persone così. Persone capaci di ricominciare infinite volte senza paura di sbagliare.”

Banana Yoshimoto

Come affrontare la paura?

La paura ha anche il lato positivo di non essere impulsivi, ma di riflettere prima di agire. Del resto, è l’emozione che ci mette in guardia dal pericolo ma se diventa una scusa…beh allora è un’altra storia …e diventa la nostra miglior scusa di fuga o inattività.

Per affrontare la paura, di qualsiasi tipo e in qualsiasi modo si manifesti, in modo consapevole ed efficace, ho una unica possibilità: il coraggio. Non è un’emozione, ma è un atteggiamento, una qualità. Ma, guarda un pò, nella sua etimologia si trova proprio la parola “cor”, cuore… quindi la sede per antonomasia dei sentimenti (le emozioni posso essere ballerine fra cuore, pancia -le famose “farfalle nello stomaco” – e testa…).
Infatti per non “subire” le reazioni (le tre effe di cui sopra) devo sostituirle con un’azione consapevole e voluta. Con coraggio, appunto. Non stiamo parlando di guidare rivoluzioni o chissà cosa. Ma ci vuole coraggio anche nell’affrontare un nuovo incarico, nel lasciarsi andare ad una nuova storia d’amore…o nel chiuderne una

Il primo passo per gestire la paura, come tutte le altre emozioni del resto, è il riconoscerla ed accettarla.

Il negarla mi porta solo in uno stato di non accettazione e frustrazione che acuirà le reazioni negative alla paura (fuga, inazione..).

Per capire esattamente la mia paura e come affrontarla devo farmi una serie di domande.

Di cosa ho veramente paura?

È reale, si riferisce ad uno scenario probabile, o è, di nuovo, la trasposizione di paure passate collegate ad eventi delle mie passate esperienze? È in pratica un déjà-vu e non ha niente a che fare con questa situazione?

O, ancora più grave, è la paura di qualcun altro a condizionarmi?

Ecco che frasi come non ce la farò mai, mi mancheranno i soldi per il progetto, tutte le mie relazioni sono state un disastro, perché questa dovrebbe essere diversa? possono essere un chiaro campanello d’allarme.

La mia paura nella nuova relazione è forse la paura di non essere accettata?

La mia paura nel nuovo incarico è forse quella di non essere considerata all’altezza?

Cosa mi costa se subisco la mia paura e non agisco?

La risposta a questa domanda mi fa capire essenzialmente cosa perdo se non agisco.

La nuova relazione, che sia il principe azzurro o no, se non la vivo non mi permetterà di provare emozioni ed esperienze che mi fanno stare bene.

Se non accetto il nuovo incarico rimarrò sempre con il dubbio se ce l’avrei fatta o meno, e con la frustrazione di vedermi sempre nello stesso ruolo senza un miglioramento (probabilmente anche con un peggioramento ai miei occhi e a quelli degli altri).

Cosa può succedere se vinco la mia paura ed agisco?

Questa domanda mi permette di valutare i benefici e i danni. In modo obiettivo. In linea con i miei valori e mission (vedi Lockdown e routine: come sopravvivere e dare una svolta alla propria vita) e che rispecchi il mio essere autentica. Il modo di affrontare la paura è non paragonarsi agli altri, ai successi degli altri ma seguire il mio cammino, realizzare i miei obiettivi.

Realisticamente qual è la cosa peggiore che mi può succedere se affronto la mia paura? Di quali risorse e strumenti avrei bisogno?

Questa domanda mi prepara allo scenario peggiore, non per scaramanzia o vigliaccheria. Ma per valutarne la portata e capire se ho le risorse per poterlo affrontare.

Da qui vado a valutare lo scenario migliore (il top, per intenderci) e quello più probabile.

Di nuovo l’obiettività prende il posto della soggettività vulnerabile.

Azione!

Una volta capito di cosa ho veramente paura, devo trasformare la paura in eccitazione. Sia la paura che l’eccitazione, infatti, ci parlano allo stesso modo (stesse sensazioni fisiche ma opposte reazioni psicologiche e di conseguenza di azione).

Devo quindi cambiare il mio stato mentale, vedere la situazione come una sfidaun’opportunità di miglioramento.

Ecco che la nuova relazione, comunque vada (speriamo bene, ovvio!) diventa un’opportunità che mi concedo, come una nuova sfida con me stessa nel mettere in pratica cosa ho imparato dall’ultima, disastrosa o meno, relazione.

Il nuovo lavoro o nuovo compito che mi è stato assegnato diventa un’opportunità di migliorare e di mostrare agli altri e a me stessa di cosa sono capace. E devo anche concedermi la possibilità di sbagliare o fallire. Solo così la paura perderà il suo influsso devastante.

“Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.”

Martin Luther King

E tu?

Quali sono le tue maggiori paure al momento?

Quale è il piccolo passo che puoi fare già adesso per superarle?

Commenta qui sotto, se ti va. I tuoi commenti arricchiranno l’approfondimento.

Come coach aiuto i miei coachees ad affrontare le proprie paure per poter attuare un cambiamento nella loro vita.

Se anche tu non sai come affrontare le tue paure, Contattami per la sessione gratuita: capirai se il coaching è quello di cui hai bisogno, e vu

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