Mission personale ep. 3 – La mia mission, il prisma dei Pink Floyd e il faro di Virginia Woolf

Come ho trovato la mia mission personale grazie ai Pink Floyd, e al loro prisma, e a Virginia Woolf, e al suo faro.

Nei precedenti articoli (Mission personale ep.1 e Mission personale ep.2)ho parlato e suggerito accorgimenti per capire ed definire la propria mission personale.

Devo fare una precisazione. La mission non è statica, non viene scritta su una pietra al momento della nostra nascita (anche se è vero che per scriverla ho proposto, citando Stephen Covey, di pensare al proprio epitaffio, vedi Mission personale ep. 2), né se la definiamo adesso rimane invariata per il resto della nostra vita (che auspico lunghissima e con molte mission da susseguirsi). Diciamo che qualcosa ci può essere nel nostro DNA, nella nostra personalità ma il resto (la maggior parte) ce lo mettiamo noi e le circostanze in cui ci troviamo (non è un alibi, ma solo una presa di consapevolezza). La mission si evolve con noi, si modifica, si arricchisce senza dubbio ma se guardiamo indietro nella nostra vita (come le soste che suggerisco di fare in Mission personale ep.1) vediamo un filo conduttore e forse scorgiamo una mission che abbiamo spesso ignorato o denigrato che ci insegue o forse ci precede aprendoci la strada.

La mia mission personale

È quello che è successo a me quando cercavo di delineare la mia mission lavorativa, ben connessa e interlacciata a quella personale (non potrebbe essere altrimenti).

Mi rifrullava in testa l’idea di voler “illuminare” gli altri, essere appunto un faro – come ho scritto nella mia presentazione- e soprattutto dare la carica agli altri perché diventassero dei fari loro stessi (“accendi la tua passione e fai brillare il tuo talento”). 

Ed infatti la mission che si è definita (sì, in pratica si è definita da sola) è:  essere una luce, un faro, per chi mi circonda: guidare e supportare nel mare tempestoso e rischiarare e riscaldare in acque tranquille. (vedi La mia mission).

Come un fascio di luce del faro, mi si è illuminato un episodio che risale all’epoca del liceo (secoli fa, ahimè, in IV se non erro…). La lettrice di inglese ci chiese di fare un disegno che ci rappresentasse e di descriverlo.

Dentro la mia bottiglia vuota io costruivo un faro mentre tutti gli altri costruivano delle navi.”

 Charles Simic

I Pink Floyd e il prisma

Indirizzata forse dal vuoto che mi rimbombava dentro (stile scimmie nella testa di Homer Simpson) o dal cercare di sfuggire a guardarmi allo specchio e dire chi fossi o chi pensavo di essere (avrei avuto bisogno di una life coach e senza dubbio la cara lettrice ha avuto un ruolo in questo, vorrei avere il suo contatto per dirglielo!) mi ritrovai magicamente in mano l’LP dei Pink Floyd “The dark side of the moon”. 

Pensai “Eureka”: ho trovato la soluzione senza pensarci troppo. E invece mi stavo “incastrando” con le mie stesse mani… disegnai il prisma con la luce che si immette e i colori che ne escono (non me ne vogliano i puristi, se per la fotto ho scelto una piramide, quella del Louvre fotografata anni fa…).

E quando lo presentai capii – e lo capì anche la mia life coach/lettrice e la professoressa– che quella ero veramente la Lucia. Dissi che in realtà quello che avevo disegnato non mi rappresentava, ma era quello che volevo diventare. Volevo essere come un prisma: far entrare un semplice raggio di luce e poi emanare colori tutti intorno a me. Dare luce e colore a chi mi circondava. Essere un punto di riferimento, non per vanità o presunzione, ma per mettere a disposizione di altri la luce che avevo/ho dentro e soprattutto la capacità di trasformarla in colore.

Mi ero decisamente incastrata con le mie mani e avevo in qualche modo segnato il mio destino…

faro mission

Virginia Woolf e il faro

Come in “Gita al faro” di Virginia Woolf –romanzo che amo, per il groviglio di emozioni a cui viene dato vita e per lo stile narrativo con il monologo interiore a cui ho dedicato le mie energie intellettive di laureanda-  io ho rimandato a lungo la mia gita al faro. Ho fatto finta di niente. Ho tenuto nascosta la mia mission. A volte l’ho proprio rimossa consapevolmente, dopo dure sofferenze che la mia attitudine ad “espormi” ed “accendermi” mi aveva causato. Ho provato a nasconderla, eliminarla, distruggerla. Ma lei è sempre stata lì. Era il mio faro. Era il mio prisma. Non potevo sfuggirle più di tanto.

E quando finalmente ho raggiunto una certa consapevolezza e sicurezza di me e di quello che posso e so fare, non ho più avuto timore di tirarla fuori e di seguirla, con tutte le mie forze.

Tutti forse abbiamo una mission che abbiamo nascosto nei meandri del cassetto. Apriamolo, il cassetto, e facciamo uscire quella mission che è la nostra.

Siamo noi. Con tutti i difetti –meravigliosi- e i pregi – invidiabili-.

“Qual è il significato della vita? Tutto qui — una domanda semplice; una domanda che tendeva a farsi pressante con il passare degli anni. La grande rivelazione non era mai arrivata. La grande rivelazione forse non sarebbe mai arrivata. Al suo posto c’erano piccoli miracoli quotidiani, illuminazioni, fiammiferi accesi inaspettatamente nel buio; quello era uno.”

Virginia Woolf (Gita al faro)

E tu?

Quale è la tua mission personale?

Hai difficoltà nel definirla??

Commenta qui sotto, se ti va. I tuoi commenti arricchiranno l’approfondimento.

Come coach aiuto i miei coachees a definire la propria mission personale o professionale e perseguirla.

Nel caso tu voglia intraprendere un percorso per capire, e raggiungere, la tua mission con il mio aiutoContattami per la sessione gratuita: capirai se il coaching è quello di cui hai bisogno, e vuoi.

 

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